Con sentenza n. 9383 del 29 Aprile 2014, la Corte di Cassazione ha ribadito che i presupposti per l’applicabilità dell’art. 17, R.D.L. 19 ottobre 1923, n. 2328, nella parte in cui prevede, per il personale addetto ai pubblici servizi di trasporto in concessione, che “si computa come lavoro effettivo la metà del tempo impiegato per recarsi, senza prestare servizio, con un mezzo gratuito di servizio in viaggi comandati da una località ad un’altra per prendere servizio o fare ritorno a servizio compiuto”, sono, da un lato, la non coincidenza del luogo di inizio con il luogo di cessazione del lavoro giornaliero, e dall’altro, che questa non coincidenza sia determinata non da una scelta del lavoratore, bensì, ed esclusivamente, da una necessità logistica aziendale: la necessità che il lavoro inizi in un determinato luogo e cessi in altro luogo.

Sulla base di questi presupposti, la norma è diretta a compensare il tempo che il dipendente impiega per recarsi dall’uno all’altro luogo; spostamento, che assume tuttavia rilievo solo all’inizio o alla cessazione del lavoro da prestare in azienda, posto che lo spostamento che avviene nel corso della giornata lavorativa ha il suo compenso nella retribuzione.

In altri termini, il fondamento del diritto è la separazione spaziale fra luogo di inizio e luogo di cessazione del lavoro e che tale separazione non sia il prodotto di una scelta del lavoratore, ma sia oggettivamente predeterminata dalla programmazione del lavoro aziendale, che inizia in un luogo e si conclude in altro luogo.

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