Il D.L. n. 76 del 28.6.2013 (Decreto Lavoro) convertito in Legge con la L 99/13 (Legge Giovannini), tra le altre cose, ha apportato alcune sostanziali modifiche alla normativa sul Contratto a Progetto disciplinata dal D. Lgs. 276/03 (Legge Biagi), già ritoccata dalla precedente riforma Fornero.
In particolare, la Legge Giovannini ha modificato l’art. 62 del D. Lgs. 276/03 che disciplina la forma scritta del contratto a progetto, eliminando dal testo della norma le parole “ai fini della prova”.
In altre parole, mentre secondo la versione precedente:
“Il contratto di lavoro a progetto e’ stipulato in forma scritta e deve contenere, ai fini della prova, i seguenti elementi:
a) indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro;
b) indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuata nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto;
c) il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonche’ i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;
d) le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l’autonomia nella esecuzione dell’obbligazione lavorativa;
e) le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto, fermo restando quanto disposto dall’articolo 66, comma 4”
oggi, con le modifiche apportate all’art. 62, il contratto deve essere stipulato in forma scritta e deve contenere i medesimi elementi (durata, progetto, corrispettivo, forme di coordinamento, misure di tutela per la salute) ma non più ad probationem, bensì ad substantiam.
Tuttavia, il legislatore se da un lato ha apportato tale rilevante modifica sulla forma scritta del contratto a progetto (non più ai soli fini probatori, ma ai fini sostanziali) intervenendo sull’art. 62 del D. Lgs. 276/03, dall’altro lato ha omesso di coordinare tale novità con il regime sanzionatorio previsto dall’art. 69 che è rimasto invariato.
Infatti, il suddetto art. 69 del D.Lgs. 276/03 continua a prevedere la sanzione della conversione del contratto a progetto in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto, solo nel caso di assenza del progetto e non anche nel caso di assenza degli altri elementi che oggi devono comunque essere indicati per iscritto (durata, corrispettivo, forme di coordinamento, misure di tutela per la salute).
A questo punto, sulla base di tale dato normativo, sorge il dubbio sulle sorti giuridiche di un contratto a progetto che ometta di indicare per iscritto uno dei suddetti elementi diversi dal progetto (durata, corrispettivo, forme di coordinamento col datore di lavoro, ecc.) ritenuti comunque necessari ad substantiam.
Per assurdo, la parte che ha interesse potrebbe sostenere la nullità dell’intero contratto, non essendo prevista per tali ipotesi (a differenza di quanto accade per l’assenza del progetto) la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato ex art. 69.
Invero, a modesto parere di chi scrive, nel caso di omessa specificazione della durata (determinata o determinabile) della prestazione, il contratto può agevolmente ritenersi privo di scadenza e quindi a tempo indeterminato.
Nel caso, invece, di omessa specificazione per iscritto del corrispettivo, delle forme di coordinamento col datore di lavoro e delle eventuali misure di tutela per la salute, per evitare che dette mancanze possano travolgere l’intero contratto determinandone la nullità assoluta, si potrà (forse) fare ricorso ai principi di conservazione del contratto ex art. 1367 c.c. (Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno) e di conversione del contratto nullo ex 1424 c.c. (Il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità).

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