Il decreto legge n. 76 del 28 giugno 2013 ha introdotto numerose novità in materia di lavoro: dagli incentivi alle assunzioni, alle nuove norme sui contratti a termine, intermittenti e a progetto, dalle cosiddette “dimissioni in bianco” e alle procedure di licenziamento per giustificato motivo, passando per l’apprendistato ed i tirocini.

Di seguito, uno schema sintetico delle principali modifiche:

Incentivi all’assunzione con contratto a tempo indeterminato

Gli incentivi riguardano datori di lavoro che assumono giovani di età compresa fra 18 e 29 anni che:

– siano privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi oppure
– siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale
– oppure vivano soli con una o più persone a carico.

L’incentivo è pari ad un terzo della retribuzione mensile lorda per un periodo di 18 mesi o di 12 mesi, nel limite di Euro 650 mensili, a condizione che vi sia la successiva trasformazione a tempo indeterminato del contratto e che, oltre a tale trasformazione del rapporto a termine, l’azienda assuma anche almeno un altro lavoratore a tempo indeterminato.

L’incentivo è comunque subordinato ad un incremento occupazionale nel rispetto degli aiuti per i lavoratori svantaggiati previsti dall’articolo 40 del regolamento CE n. 800/2008 che peraltro scade il 31 dicembre 2013.

Le assunzioni, ma riteniamo anche le trasformazioni a tempo indeterminato incentivate, devono avvenire nel periodo compreso tra l’approvazione delle risorse destinate al relativo finanziamento e il 30 giugno 2015.

Per i giovani viene anche istituita presso il Ministero del Lavoro un’apposita struttura di missione per l’attuazione, dal 1 gennaio 2014, della cosiddetta “Garanzia per i Giovani” (Youth Guarantee).

Segnaliamo, inoltre, che a tutte le assunzioni a tempo pieno e indeterminato di lavoratori che fruiscono dell’ASpI consegue, a favore dei datori di lavoro che non sono tenuti a detta assunzione, la concessione di un contributo per ogni mensilità di retribuzione pari al 50% dell’indennità mensile residua che sarebbe spettata al lavoratore assunto sempre che questi non sia stato licenziato nei sei mesi precedenti da imprese con assetti proprietari coincidenti o in rapporto di collegamento o controllo con il datore di lavoro.

Contratto a tempo determinato

Il contratto a termine acausale diventa prorogabile e può essere stipulato, oltreché nell’ipotesi legale, anche in ogni altra ipotesi individuata dai contratti collettivi anche aziendali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale senza più il limite del 6% dei lavoratori occupati nell’unità produttiva, nè dei processi organizzativi di cui al comma 3 dell’art. 5 del Dlgs 368/2001, che vengono peraltro cancellati.
Viene abrogato, inoltre, l’obbligo di comunicare al Centro per l’impiego la prosecuzione del rapporto a tempo determinato.
Infine, vengono ripristinate le finestre di 10 o 20 giorni per la reiterazione di contratti di durata rispettivamente fino a sei mesi, oppure superiore ai sei mesi, e viene precisato che dette finestre non trovano applicazione nei confronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali di cui all’art. 5 c. 4 ter del Dlgs 368/2001 o nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi di cui sopra (prima, ricordiamo, i periodi di stop and go che erano stati portati a 60 e 90 giorni potevano solo essere ridotti a 20 o 30 giorni).

Lavoro intermittente

Ferme restando le ipotesi nelle quali è consentito stipulare un contratto di lavoro intermittente (quelle oggettive individuate dai contratti collettivi e quelle soggettive relative ai lavoratori over 55 anni e infra 24 anni) viene precisato che nelle predette ipotesi (privilegiando una interpretazione sostanziale del nuovo comma 2 bis dell’art. 34 del decreto legislativo 276/2003 e salva una diversa interpretazione più letterale che sembrerebbe invece introdurre un’ipotesi aggiuntiva) ciascun lavoratore non può superare le 400 giornate di effettivo lavoro, prestate successivamente al 28 giugno, data di entrata in vigore del decreto legge, nell’arco di tre anni solari, pena la trasformazione in un rapporto a tempo pieno e indeterminato.
Inoltre, viene precisato che la sanzione amministrativa per l’omessa comunicazione alla Direzione Territoriale del Lavoro della durata della prestazione del lavoratore intermittente chiamato al lavoro non trova applicazione qualora, dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi la volontà di non occultare la prestazione di lavoro.
Vengono infine salvaguardati sino al 31 dicembre 2013 (invece che al 18 luglio) gli effetti dei contratti di lavoro intermittente sottoscritti prima della legge Fornero e con questa incompatibili.

Collaborazioni coordinate e continuative a progetto

Viene facilitato il contratto a progetto in quanto diventano ammissibili da parte del collaboratore compiti meramente esecutivi o ripetitivi, a meno che queste due caratteristiche siano presenti congiuntamente.
Alla forma scritta del contratto viene soppressa la precisazione “ai fini della prova” con la conseguenza che tale forma è ora richiesta a pena di nullità del contratto stesso

Apprendistato
Relativamente alla trasformazione dell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale in apprendistato professionalizzante viene stabilito che il secondo contratto possa essere effettuato dopo il primo.
Viene prevista per l’apprendistato professionalizzante una sorta di armonizzazione e si rinvia all’emanazione di linee guida da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni relativamente a imprese micro, piccole e medie per assunzioni effettuate entro il 31 dicembre 2015; nel caso non venissero emanate entrerebbero in atto meccanismi automatici riferiti all’uso di un modello di libretto formativo emanato con il D.M. del 10 Ottobre 2005.

Tirocini

I tirocini, nelle Regioni in cui non viene adottata la relativa disciplina (prevista dalle linee guida concordate in Conferenza Stato regioni a Gennaio 2013 e peraltro in pochissime regioni applicate), possono essere regolamentati dall’art. 18 legge 196/1997 e dal relativo decreto interministeriale 142/1998.

Lavoro accessorio

Viene eliminata la definizione di natura meramente occasionale dell’attività lavorativa del lavoro accessorio che pertanto, come aveva già precisato la circolare del Ministero del lavoro n. 18 del 2012, si configura esclusivamente per il limite di carattere economico.

Convalida dimissioni

La convalida delle dimissioni e della risoluzione consensuale del rapporto delle lavoratrici, nonché la procedura di convalida dei medesimi atti risolutivi in generale nel lavoro subordinato, introdotta al fine di combattere il fenomeno delle dimissioni in bianco, viene estesa, in quanto compatibile, ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto e ai contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro.

Procedura di licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Viene precisato che la procedura relativa al preventivo tentativo obbligatorio di conciliazione introdotta per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo non si applica ai licenziamenti per superamento del periodo di comporto (periodo tutelato di malattia e/o infortunio entro il quale non è possibile licenziare) o effettuati in conseguenza dei cambi di appalto o di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato nel settore delle costruzioni edili ai sensi dell’art. 2 comma 34 della legge 92/2012. Inoltre, la mancata presentazione di una o entrambe le parti al tentativo di conciliazione è valutato dal giudice ai sensi dell’articolo 116 c.p.c. e cioè ai fini delle prove (diversamente il Ministero del lavoro, nella circolare n.3/2013, aveva lasciato intendere che l’assenza del datore di lavoro violava la previsione di legge).
L’espressa esclusione della procedura conciliativa per i licenziamenti ex articolo 2110 c.c. lascerebbe presumere, al contrario, l’assoggettabilità alla medesima procedura dei licenziamenti per impossibilità sopravvenuta della prestazione ai sensi dell’articolo 1464 c.c. (come già sostenuto dal Ministero del lavoro nella citata circolare), che invece una recente pronuncia giurisprudenziale ha escluso (ordinanza Tribunale Taranto del 10 gennaio 2013), sostenendo che la predetta procedura non è riferibile a ragioni attinenti la persona del lavoratore ma all’attività produttiva ed all’organizzazione aziendale.

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