Secondo l’art. 711 c.c.: “l’ufficio dell’esecutore testamentario è gratuito. Tuttavia il testatore può stabilire una retribuzione a carico dell’eredità”.
Pertanto, se il de cuius nel suo testamento non ha espressamente previsto un compenso in favore dell’esecutore testamentario e questi, nonostante ciò, accetta l’incarico, egli avrà diritto, ex art. 712 c.c., soltanto al rimborso delle spese sostenute per l’esercizio dell’ufficio, non potendo pretendere alcun compenso dagli eredi.
Tuttavia, la Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 24798 del 12/08/2022, ha chiarito che tale principio non impedisce agli eredi di concordare un compenso con l’esecutore per l’attività che questi dovrà svolgere, ad esempio per indurlo a non rinunciare ad un incarico che potrebbe rivelarsi anche particolarmente complesso e gravoso.
In tal caso, però, l’obbligazione sarebbe di natura contrattuale e non successoria perché troverebbe fondamento nella volontà degli eredi e non nel testamento, motivo per cui il compenso concordato non potrà essere posto a carico dell’eredità, con ogni evidente conseguenza in merito alla sua non opponibilità nei confronti dei creditori e legatari dell’eredità.
Più precisamente, la Suprema Corte ha stabilito il seguente principio: “La retribuzione a favore dell’esecutore testamentario non soltanto può essere disposta dal testatore, come prevede l’art. 711 cod. civ., ma è altrettanto possibile, in assenza di disposizione testamentaria “ad hoc”, che il compenso per l’opera prestata sia convenuto tra gli eredi e l’esecutore; tuttavia, mentre la retribuzione prevista dal testatore è a carico dell’eredità secondo quanto dispone l’art. 711 cod. civ., l’impegno autonomamente assunto dagli eredi non è idoneo a diminuire l’attivo ereditario in pregiudizio dei creditori ereditari e dei legatari, ma vincola soltanto i successori che l’abbiano stretto, nei cui confronti l’esecutore dispone di un diritto azionabile per ottenere quanto promessogli”.

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