Con sentenza n. 1738 del 21.02.2022 la Corte di Appello di Roma, accogliendo l’appello proposto dall’Avv. Fabio Cioffi, ha riformato integralmente la sentenza di primo grado, sulla base del principio generale dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., secondo cui: “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”.

Nel caso di specie, la società appellante era stata condannata, in primo grado, al risarcimento del danno nei confronti della controparte poiché era stata ritenuta inadempiente alle obbligazioni derivanti da un (presunto) contratto di compravendita di cosa altrui, relativo all’acquisto di un camper, gravato da ipoteca e da fermo amministrativo.

La vicenda traeva origine dall’impossibilità di acquistare un camper, a causa di un fermo amministrativo sottaciuto dalla proprietaria debitrice (rimasta estranea al giudizio), dopo che la società appellata (che commercializzava caravan ed aveva interesse ad acquistare il mezzo per rivenderlo ad un prezzo maggiore) aveva contrattato per conto della medesima debitrice – proprietaria del camper – l’estinzione del debito in via transattiva con la la società appellante (società di recupero crediti), pagando il prezzo concordato ed ottenendo la cancellazione dell’ipoteca iscritta sul veicolo.

Avendo appreso soltanto dopo l’estinzione del debito ipotecario che il camper era altresì gravato da un fermo amministrativo (per altri debiti della proprietaria diversi da quelli garantiti da ipoteca), la società appellata aveva citato in giudizio dinanzi il Tribunale di Roma, la società di recupero crediti sostenendo che tra le parti fosse intervenuto un contratto di compravendita di cosa altrui ex art. 1478 c.c. al quale la convenuta non aveva adempiuto (non essendo stato possibile procedere al passaggio di proprietà del camper a causa del fermo amministrativo) ed aveva chiesto ed ottenuto la risoluzione del contratto con la restituzione del prezzo pagato ed il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1480 c.c.

Nel giudizio di appello, la Corte di Appello di Roma ha integralmente riformato la sentenza di primo grado, accogliendo la tesi difensiva prospettata dall’Avv. Fabio Cioffi, secondo cui, a differenza di quanto ritenuto dal giudice di prime cure, tra le parti non era intervenuto alcun contratto di compravendita di cosa altrui, la cui esistenza avrebbe dovuto essere provata dalla società attrice, bensì il pagamento del debito in favore del terzo (proprietario del camper, estraneo al giudizio).

Secondo la Corte di Appello, infatti: “E’ ben noto come nel campo delle controversie relative a rapporti obbligatori, ed alle connesse domande di adempimento o risoluzione, colui che agisce per la risoluzione per inadempimento debba provare la fonte negoziale del suo diritto, potendo poi limitarsi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte (che a sua volta sarà onerata della prova dell’avvenuto adempimento o di cause giustificatrici del mandato adempimento – cfr. per tutte Cass civ. ord., 21.5.2019 n.13685)”.

Ma tutto nasce dalla prova della “fonte” (negoziale o legale) del diritto rivendicato, prova che l’attore è tenuto a fornire in modo pieno e rigoroso non potendo legittimarsi azione prive di un fondamento giuridico di base onde costringere la controparte a difendersi in modo più esteso di quanto sia legittimo richiedere a chi sia convenuto in giudizio.

Infatti, in via generale, secondo l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato sull’interpretazione dell’art. 2697 c.c. “il creditore dovrà provare i fatti costitutivi della pretesa, cioè l’esistenza della fonte negoziale o legale del credito e, se previsto, il termine di scadenza, e non anche l’inadempimento, mentre il debitore dovrà eccepire e dimostrare il fatto estintivo dell’adempimento” (in termini Cass. Sez. Unite 30 ottobre 2001 n. 13533).

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