La Corte di Cassazione civile, sez. II, con sentenza del 28 maggio 2021, n. 15000 ha ribadito che: “Il diritto di abitazione del coniuge superstite si origina solo se la casa adibita a residenza familiare era di proprietà del coniuge defunto o di proprietà comune tra i coniugi. Ciò non accade, invece, se la proprietà apparteneva in comunione al coniuge defunto e a un altro soggetto, diverso dal coniuge superstite”.

Gli ermellini nell’interpretazione dell’art. 540 c.c. hanno fornito una soluzione conforme a quanto già in precedenza stabilito con la sentenza n. 6691 del 23 maggio 2000 che, a sua volta, aveva ritenuto che “i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la arredano, previsti in favore del coniuge superstite, presuppongono per la loro concreta realizzazione l’appartenenza della casa e del relativo arredamento al de cuius o in comunione a costui e all’altro coniuge, non potendo estendersi a carico di quote di soggetti estranei all’eredità nel caso di comunione degli stessi beni tra il coniuge defunto e tali altri soggetti”.

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