La Corte di Cassazione è recentemente intervenuta sul tema del demansionamento ed in particolare sulla prova che deve essere fornita in giudizio dal lavoratore per dimostrare il pregiudizio subito.

Gli ermellini, con sentenza n. 17832/15 del 9 settembre 2015, hanno precisato che ai fini del riconoscimento del danno, anche patrimoniale, da demansionamento, benché sia sempre necessaria la prova del pregiudizio subito, quest’ultima può anche essere fornita in via presuntiva.

Infatti, i Giudici di legittimità hanno ricordato che poiché le presunzioni non costituiscono un mezzo di rango secondario nella gerarchia degli strumenti di prova, ben possono essere impiegate anche in via esclusiva dal giudice per la formazione del suo convincimento.

Nel caso di specie, la Cassazione ha confermato la valutazione fatta dalla Corte di merito che aveva ritenuto provata la lesione alla professionalità della lavoratrice per la sua sostanziale inattività, protrattasi per un lungo periodo di tempo (ottantaquattro mesi).

La Corte di merito aveva correttamente ritenuto che il danno patito dal lavoratore per effetto del demansionamento non discende in via automatica dall’inadempimento datoriale, e dunque non è in re ipsa, dovendo comunque essere provato. Allo scopo aveva utilizzato la prova presuntiva, in linea con la giurisprudenza di legittimità, valorizzando sia la totale inattività, e dunque la più grave violazione dell’art. 2103 c.c. subita dalla lavoratrice, sia la notevole durata di essa (ottantaquattro mesi), valutando dunque la natura, l’entità e la durata del demansionamento (Cass. N. 10157/04; Cass. 8271/04; Cass. 15868/02; Cass. 13580/01; Cass. 1443/00), con apprezzamento di fatto incesurabile in sede di legittimità.

Richiedi ora la tua consulenza legale online e sottoponici il tuo caso