Tra le varie novità che il D.L. Crescita introdurrà in materia di giustizia, con particolare incidenza sul codice di procedura civile ove è previsto l’introduzione di un filtro per l’appello, un secondo blocco di modifiche riguarderà la legge Pinto (L. 24 marzo 2001, n. 89).

Anche qui le novità sembrerebbero ispirate alla deflazione processuale, ma soprattutto alla riduzione degli oneri a carico dello Stato per gli indennizzi che lo stesso è costretto a pagare a causa dei processi-lumaca.

La deflazione processuale si dovrebbe ottenere con una calendarizzazione della durata massima dei vari gradi di giudizio e con la novella sul procedimento.

In particolare il calendario si articola in tre anni per il primo grado, due anni per il secondo grado, un anno per il giudizio di legittimità (in realtà tali parametri erano già stati fissati dalla giurisprudenza).

Si considererà rispettato il termine ragionevole se il procedimento di esecuzione forzata si è concluso in tre anni, e se la procedura concorsuale si sarà conclusa in sei anni.

Il processo penale si considererà iniziato con l’assunzione della qualità di imputato, di parte civile o di responsabile civile, o quando l’indagato ha avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari.

C’è comunque un termine generale di chiusura: si considererà comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni.

Quanto al procedimento, esso si trasforma e assomiglia a un procedimento ingiuntivo: ricorso al giudice (monocratico) e fase eventuale di opposizione davanti al giudice collegiale (corte di appello).

Rispetto all’obiettivo di ridurre il carico sull’erario si segnalano innanzi tutto alcuni sbarramenti di ammissibilità

Non sarà riconosciuto alcun indennizzo:

-in favore della parte soccombente che ha agito o resistito temerariamente o condannato alle spese, ancorché, vincitrice per avere rifiutato una proposta di conciliazione;
-nel caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte;
-quando l’imputato non avrà depositato istanza di accelerazione del processo penale nei trenta giorni successivi al superamento dei termini;
-in ogni altro caso di abuso dei poteri processuali che abbia determinato una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento.

Il giudice liquiderà, a titolo di equa riparazione, una somma di denaro, non inferiore a 500 euro e non superiore a 1.500 euro, per ciascun anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il termine ragionevole di durata del processo.

Ovviamente tali novità (peggiorative) saranno applicabili solo per i giudizi promossi dopo l’entrata in vigore del citato D.L. Crescita – salvo eventuali emendamenti…

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