In caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, il diritto all’equa riparazione di cui all’art. 2 della legge n. 89 del 2001 spetta a tutti i soggetti che ne siano parti, indipendentemente dal fatto che essi siano risultati vittoriosi o soccombenti, costituendo l’ansia e la sofferenza per l’eccessiva durata i riflessi psicologici del perdurare dell’incertezza in ordine alle posizioni coinvolte nel processo, ad eccezione del caso in cui il soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio in difetto di una condizione soggettiva di incertezza; dell’esistenza di queste situazioni, costituenti abuso del processo, deve dare prova puntuale l’Amministrazione, non essendo sufficiente, a tal fine, la deduzione che la domanda della parte poteva dirsi infondata per effetto di una sentenza della Corte costituzionale.

Cass. civ. Sez. VI, 23/12/2011, n. 28592

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