La Corte di Cassazione, con sentenza n. 26021 del 17.10.2018, ha chiarito che l’intervento del Fondo di Garanzia istituito presso l’INPS per la corresponsione del t.f.r., nei casi di insolvenza del datore di lavoro fallito, non è subordinato alla previa escussione degli eventuali obbligati solidali che siano tenuti, anche solo “pro quota”, per il medesimo debito.
Ciò perché: “né la L. 297/1982, né il d.lgs. 82/1990 prevedono in alcun modo un obbligo di preventiva escussione degli eventuali coobbligati, ma tutelano invece in modo immediato e diretto il diritto previdenziale alla copertura del credito da t.f.r., che sia sorto, presso il datore di lavoro insolvente, con la definitiva cessazione del rapporto di lavoro: come è reso palese anche dal fatto che l’art. 2 L. 297 cit. stabilisce che «trascorsi quindici giorni» dal deposito dello stato passivo o dalla pronuncia della sentenza in sede di opposizione ad esso – e quindi dopo una dilazione esclusivamente temporale – il lavoratore possa ottenere a domanda il relativo pagamento”.
Nella specie, è stato escluso che la domanda all’INPS di corresponsione del t.f.r. fosse condizionata dal previo esperimento da parte del lavoratore, insinuatosi al passivo del fallimento del datore di lavoro per l’intero credito, delle azioni esecutive nei confronti della società affittuaria d’azienda alla quale era stato trasferito durante il rapporto e che lo aveva retrocesso alla curatela, rimanendo coobbligata “pro quota” ai sensi dell’art. 2112 c.c.)

 

Cassazione 26021_18

Richiedi ora la tua consulenza legale online e sottoponici il tuo caso